There have been many translations of Dante's Inferno over the years - more translations than its companions Purgatorio and Paradiso. Robert Pinsky, the most recent translator and poet laureate, commented that the Inferno in the original Italian is closest the the Platonic Ideal of the story and that his English translation cannot compare to it in the long run.

Inferno: Canto I
Nel mezzo del cammin di nostra vita
  mi ritrovai per una selva oscura
  che' la diritta via era smarrita.

Ahi quanto a dir qual era e` cosa dura
  esta selva selvaggia e aspra e forte
  che nel pensier rinova la paura!

Tant'e` amara che poco e` piu` morte;
  ma per trattar del ben ch'i' vi trovai,
  diro` de l'altre cose ch'i' v'ho scorte.

Io non so ben ridir com'i' v'intrai,
  tant'era pien di sonno a quel punto
  che la verace via abbandonai.

Ma poi ch'i' fui al pie` d'un colle giunto,
  la` dove terminava quella valle
  che m'avea di paura il cor compunto,

guardai in alto, e vidi le sue spalle
  vestite gia` de' raggi del pianeta
  che mena dritto altrui per ogne calle.

Allor fu la paura un poco queta
  che nel lago del cor m'era durata
  la notte ch'i' passai con tanta pieta.

E come quei che con lena affannata
  uscito fuor del pelago a la riva
  si volge a l'acqua perigliosa e guata,

cosi` l'animo mio, ch'ancor fuggiva,
  si volse a retro a rimirar lo passo
  che non lascio` gia` mai persona viva

Poi ch'ei posato un poco il corpo lasso,
  ripresi via per la piaggia diserta,
  si` che 'l pie` fermo sempre era 'l piu` basso.

Ed ecco, quasi al cominciar de l'erta,
  una lonza leggera e presta molto,
  che di pel macolato era coverta;

e non mi si partia dinanzi al volto,
  anzi 'mpediva tanto il mio cammino,
  ch'i' fui per ritornar piu` volte volto.

Temp'era dal principio del mattino,
  e 'l sol montava 'n su` con quelle stelle
  ch'eran con lui quando l'amor divino

mosse di prima quelle cose belle;
  si` ch'a bene sperar m'era cagione
  di quella fiera a la gaetta pelle

l'ora del tempo e la dolce stagione;
  ma non si` che paura non mi desse
  la vista che m'apparve d'un leone.

Questi parea che contra me venisse
  con la test'alta e con rabbiosa fame,
  si` che parea che l'aere ne tremesse.

Ed una lupa, che di tutte brame
  sembiava carca ne la sua magrezza,
  e molte genti fe' gia` viver grame,

questa mi porse tanto di gravezza
  con la paura ch'uscia di sua vista,
  ch'io perdei la speranza de l'altezza.

E qual e` quei che volontieri acquista,
  e giugne 'l tempo che perder lo face,
  che 'n tutt'i suoi pensier piange e s'attrista;

tal mi fece la bestia sanza pace,
  che, venendomi 'ncontro, a poco a poco
  mi ripigneva la` dove 'l sol tace.

Mentre ch'i' rovinava in basso loco,
  dinanzi a li occhi mi si fu offerto
  chi per lungo silenzio parea fioco.

Quando vidi costui nel gran diserto,
  "Miserere di me", gridai a lui,
  "qual che tu sii, od ombra od omo certo!"

Rispuosemi: "Non omo, omo gia` fui,
  e li parenti miei furon Lombardi,
  Mantoani per patria ambedui.

Nacqui sub Iulio, ancor che fosse tardi,
  e vissi a Roma sotto 'l buono Augusto
  nel tempo de li dei falsi e bugiardi.

Poeta fui, e cantai di quel giusto
  figliuol d'Anchise che venne di Troia,
  poi che 'l superbo Ilion fu combusto.

Ma tu perche' ritorni a tanta noia?
  perche' non sali il dilettoso monte
  ch'e` principio e cagion di tutta gioia?"

"Or se' tu quel Virgilio e quella fonte
  che spandi di parlar si` largo fiume?",
  rispuos'io lui con vergognosa fronte.

"O de li altri poeti onore e lume
  vagliami 'l lungo studio e 'l grande amore
  che m'ha fatto cercar lo tuo volume.

Tu se' lo mio maestro e 'l mio autore;
  tu se' solo colui da cu' io tolsi
  lo bello stilo che m'ha fatto onore.

Vedi la bestia per cu' io mi volsi:
  aiutami da lei, famoso saggio,
  ch'ella mi fa tremar le vene e i polsi.

"A te convien tenere altro viaggio,"
  rispuose poi che lagrimar mi vide,
  "se vuo' campar d'esto loco selvaggio:

che' questa bestia, per la qual tu gride,
  non lascia altrui passar per la sua via,
  ma tanto lo 'mpedisce che l'uccide;

e ha natura si` malvagia e ria,
  che mai non empie la bramosa voglia,
  e dopo 'l pasto ha piu` fame che pria.

Molti son li animali a cui s'ammoglia,
  e piu` saranno ancora, infin che 'l veltro
  verra`, che la fara` morir con doglia.

Questi non cibera` terra ne' peltro,
  ma sapienza, amore e virtute,
  e sua nazion sara` tra feltro e feltro

Di quella umile Italia fia salute
  per cui mori` la vergine Cammilla,
  Eurialo e Turno e Niso di ferute.

Questi la caccera` per ogne villa,
  fin che l'avra` rimessa ne lo 'nferno,
  la` onde 'nvidia prima dipartilla.

Ond'io per lo tuo me' penso e discerno
  che tu mi segui, e io saro` tua guida,
  e trarrotti di qui per loco etterno,

ove udirai le disperate strida,
  vedrai li antichi spiriti dolenti,
  ch'a la seconda morte ciascun grida;

e vederai color che son contenti
  nel foco, perche' speran di venire
  quando che sia a le beate genti.

A le quai poi se tu vorrai salire,
  anima fia a cio` piu` di me degna:
  con lei ti lascero` nel mio partire;

che' quello imperador che la` su` regna,
  perch'i' fu' ribellante a la sua legge,
  non vuol che 'n sua citta` per me si vegna.

In tutte parti impera e quivi regge;
  quivi e` la sua citta` e l'alto seggio:
  oh felice colui cu' ivi elegge!"

E io a lui: "Poeta, io ti richeggio
  per quello Dio che tu non conoscesti,
  accio` ch'io fugga questo male e peggio,

che tu mi meni la` dov'or dicesti,
  si` ch'io veggia la porta di san Pietro
  e color cui tu fai cotanto mesti."

Allor si mosse, e io li tenni dietro.

Thanks Project Gutenberg for not making me have to type all of this out from my own copy